VALENTINE’S DAY
Omnia Vincit Amor
Gli affreschi della Galleria Farnese di Annibale e Agostino Carracci ci ispirano e celebrano il dominio universale dell’amore in una atmosfera gioiosa e fantastica.
Il capolavoro romano di Annibale riflette una fase di riscoperta del mondo classico da parte del pittore bolognese. Nelle scene dipinte da Annibale i suoi personaggi atletici ed eroici vivono in ariosi paesaggi e rievocano i miti antichi in una atmosfera gioiosa e fantastica. Gli ambienti naturali sono invasi da una luce solare che unifica tutto e i colori sono chiari splendenti.
Il programma iconografico dell’intero ciclo di affreschi si sviluppa intorno all’iscrizione latina: OMNIA VINCIT AMOR che compare nell’episodio con Eros e Pan. È riferita alla celebrazione del potere e dominio universale dell’amore.
AURORA E CEFALO
La scena, tratta da Ovidio (Metamorfosi, Libro VII, 700-708), raffigura Aurora che rapisce il mortale Cefalo, del quale si era invaghita, e lo porta via sul suo carro. Questi però ama Procri e cerca di sottrarsi all’abbraccio della dea. Sdraiato a terra, in basso a destra, vi è l’ormai decrepito Titone, primo amante umano di Aurora. Per amore di lui, Aurora aveva chiesto agli dèi che Titone non morisse mai. L’invocazione era stata esaudita ma, non avendo Aurora specificato questo aspetto, Titone, pur divenuto immortale, non cessava di invecchiare. Aurora, quindi, non più appagata da un compagno così vecchio, volge le sue attenzioni al giovane Cefalo. La scena allude a come, col trascorrere del tempo, i sentimenti d’amore possano mutare. Concetto suggellato anche dalle rose, fiore caduco per antonomasia, portate dall’amorino che si libra sopra il carro.
APOLLO E GIACINTO
La storia, tratta dalle Metamorfosi (Libro X, 176-219), narra dell’amore di Apollo per il giovane Giacinto e della disperazione del primo per aver involontariamente ucciso il suo amante in una gara di lancio del disco. Apollo, non essendo riuscito a resuscitare Giacinto, lo trasformò nel fiore che a lui deve il nome.
VENERE ED ANCHISE
Venere invaghitasi di Anchise, cui gli dèi avevano fatto il dono della bellezza, lo raggiungesse a Troia per unirsi a lui. Venere poggia il piede destro su uno sgabello ove si scorge la scritta «GENUS UNDE LATINUM», tratta dall’Eneide (Libro I, 6) e traducibile «Da qui la stirpe Latina». La scritta allude alla nascita di Enea, concepito da Venere e Anchise, mitico capostipite delle genti latine e quindi dei romani.
GLAUCO E SCILLA
Scilla era una ninfa dagli occhi azzurri, che viveva in Calabria ed era solita recarsi sulla spiaggia di Zancle e fare il bagno nell’acqua del mare. Una sera, vicino alla spiaggia, vide apparire dalle onde Glauco, che un tempo era stato un mortale, ma oramai era un dio marino metà uomo e metà pesce. Scilla, terrorizzata alla sua vista, si rifugiò sulla vetta di un monte che sorgeva vicino alla spiaggia. Il dio, vista la reazione della ninfa, iniziò ad urlarle il suo amore, ma Scilla fuggì lasciandolo solo nel suo dolore. Allora Glauco si recò dalla maga Circe e le chiese un filtro d’amore per far innamorare la ninfa di lui, ma Circe, desiderando il dio per sé, gli propose di unirsi a lei. Glauco si rifiutò di tradire il suo amore per Scilla e Circe, furiosa per essere stata respinta al posto di una ninfa, volle vendicarsi. Quando Glauco se ne fu andato, preparò una pozione malefica e la trasformò in un mostro.
PAN E DIANA
Il tema di questo quadro riportato è tratto dalle Georgiche di Virgilio (Libro III, 391-392), dove si narra di come la casta dea Diana sia stata sedotta da Pan con l’offerta di bianchissime lane.
GIOVE E GIUNONE
Il riquadro con Giove e Giunone è tratto dall’Iliade (Libro XIV, 314-316 e 328) e raffigura il momento in cui Giunone cerca di distrarre Giove, seducendolo, dalle sorti della guerra di Troia: mentre Giunone, infatti, parteggia per i greci, il re degli dèi non vuole che nessuna divinità intervenga per favorire l’una o l’altra fazione. Giunone per riuscire nell’impresa si è impossessata, con un inganno, del cinto magico di Venere (nell’affresco lo cinge appena sotto il seno), indumento capace di fornire a colei che lo indossa una forza seduttiva cui nessuno può resistere. Il piano della dea ha pieno successo e si vede con quanta passione e con quanta voluttà Giove abbraccia Giunone, bellissima e sensuale, per far l’amore con lei. La scena celebra la capacità seduttiva della bellezza muliebre, ma anche il lecito piacere dell’eros in una coppia, quale Giove e Giunone, unita in legittime nozze.
DIANA ED ENDIMIONE
Nelle versioni più antiche del mito di Endimione, questi è amato da Selene. È Selene che addormenta eternamente il giovane e bellissimo pastore per amarlo mentre egli dorme. La figura di Selene venne progressivamente confusa con quella di Diana, divinità anch’essa legata alla luna, che la sostituì anche nella storia di Endimione. La presenza nell’affresco di Diana assume il senso di sottolineare la forza del sentimento d’amore: anche l’austera dea cacciatrice può cedere ai suoi richiami.
Omnia Vincit Amor