Gli animali fantastici sono icone spesso condivise a livello quasi globale nelle culture di ogni tempo e latitudine, le quali sono andate via via ad intercettare attraverso le peculiarità morfologiche e psicologiche di questi animali mitici, particolari modi di sentire sia a livello popolare sia, naturalmente, a livello religioso.
Partendo dal contesto mediterraneo è obbligatorio riportare il discorso alla mitologia greca, terreno particolarmente fertile in cui si ritrovano molte figure di animali favolosi e mostruosi, creati spesse volte prima delle divinità olimpiche, questo principalmente per simboleggiare il loro status di entità primordiali e, per tale motivo, foriere di pulsioni incontrollabili e devastatrici, estranee all’ordine portato dal dio-civilizzatore per eccellenza, Zeus, e quindi sostanzialmente ostili al consorzio umano, che sottomettono mediante il terrore e l’inganno.
Per tale motivazione molte di queste creature con caratteri zoologici chiaramente mitici, spesso formate dall’incrocio tra animali di razze diverse, o tra l’unione di un uomo e uno (o più) animali, debbono essere necessariamente vittime delle lance degli Eroi. A volte sono stati descritti con sembianze mostruose (come la Chimera) a volte sono cavalli bianchi alati con poteri magici che si associano al ‘bene’ ed al puro.
Vi presentiamo la nostra interpretazione di alcuni di essi.
L’UNICORNO
Era molto noto nel medioevo e veniva raffigurato come un cavallo bianco con un corno a spirale sulla fronte dotato di proprietà magiche e terapeutiche.
Nella simbologia l’unicorno rappresenta la purezza, la forza e la castità: le leggende medievali riportano che l’unicorno poteva essere catturato solo da una donna vergine, da qui l’accostamento con Gesù Cristo. L’unicorno risvegliò nel medioevo a tal punto l’interesse e la curiosità popolare, che vennero organizzate delle vere e proprie spedizioni per trovarlo e catturarlo. Perfino W. Shakespeare, in epoca rinascimentale, si riferiva ad esso come ad un “animale incredibile” nel III atto de La Tempesta.
Si credeva anche che il suo corno, una volta polverizzato, aveva la capacità di proteggere dai veleni più potenti. Su credeva che gli unicorni seguissero gli archi colorati dell’arcobaleno per trovare le fonti per dissetarsi.
LA FENICE
Essa era un uccello mitologico che trova i suoi “antenati” nell’antico Egitto, dove era qualcosa di simile prima a un passero e successivamente a un airone; fu però solo col suo ingresso nella mitologia greca che quest’uccello prese la forma che è rimasta celebre.
La particolarità della fenice è infatti quella di poter rinascere dalle proprie ceneri dopo la morte, ed è spesso rappresentata come un uccello simile a un’aquila reale, che gli storici e gli studiosi di mitologia si sono affannati per secoli a identificare ora con l’una ora con l’altra tipologia di uccelli.
Ovidio, invece, riprende questo mito e lo arricchisce di nuovi dettagli: secondo lui la vita della fenice durava esattamente cinquecento anni, allo scoccare dei quali l’uccello si fermava su un nido di incenso e cannella e moriva, ma dal suo corpo rinasceva una nuova fenice che, una volta adulta, avrebbe prelevato il nido e lo avrebbe portato fino a Eliopoli, in Egitto, per depositarlo nel tempio del Dio Sole.
IL DRAGO
Non è chiaro quando o dove abbiano avuto origine per la prima volta le storie con protagonisti i draghi, ma le prime testimonianze scritte di enormi rettili volanti e sputafuoco sono riconducibili all’epoca degli antichi Greci e dei Sumeri. Nel mondo antico i draghi avevano l’aspetto di enormi serpenti, pronti a schiacciare con le loro spire e uccidere con il loro alito velenoso.
La svolta avvenne con l’avvento del Cristianesimo, quando i draghi vennero connotati negativamente come la rappresentazione di Satana – con il Levitano. In epoca medievale, la maggior parte delle persone collegavano il drago alla rappresentazione cristiana dell’animale ed è probabile che la maggior parte dei cristiani dell’epoca credesse nell’esistenza dei draghi. L’esistenza di questi animali mitologici veniva avvalorata anche dalla scoperta periodica di grandissime ossa di animali che, non conoscendo i dinosauri si credeva appartenessero proprio ai draghi.
La parola “drago” deriva dall’antica parola greca ‘draconta’, che significa “osservare attentamente, custodire”, suggerendo che la bestia custodisce tesori, come montagne di monete d’oro o gemme
Ma perché una creatura potente come un drago dovrebbe aver bisogno di beni materiali? Il tesoro ha un significato prettamente simbolico, si tratta di una ricompensa per i guerrieri coraggiosi,
Il drago è una delle poche creature mitologiche rappresentate principalmente come un potente e temibile avversario da uccidere. Essi esistono in funzione dell’eroe, sono concepiti come un ostacolo per audaci avventurieri.
Infine gli studiosi ritengono che la capacità di sputare fuoco dei draghi provenga dalle raffigurazioni medievali della bocca dell’inferno. L’ingresso all’inferno era spesso raffigurato come la bocca di un mostro, con le fiamme e il fumo caratteristici dell’Ade che eruttavano.
IL GRIFONE
Il grifone è un animale mitologico formato dall’unione di un’aquila nella parte anteriore e da un leone nella parte posteriore. Le rappresentazioni del grifone sono molte antiche e le ritroviamo in un’area che va dal medio oriente a tutto il mondo occidentale. La più antica immagine dell’animale è stata trovata in Iran su un sigillo risalente al 3000 AC.
Il grifone riassume le qualità positive del leone e dell’aquila, accomunati da maestosità e fierezza e considerati, in un’ideale gerarchia, al di sopra degli altri animali. Il grifo assumendo in sé le maestà del leone e dell’aquila diviene sovrano del cielo e della terra.
A livello allegorico l’aquila rappresenta l’intelligenza per la sua capacità di guardare lontano, il leone la forza e il coraggio e il serpente la furbizia e quindi il grifo è un simbolo di completezza, la forza guidata dalla intelligenza ed aiutata dalla furbizia per svelare gli inganni.
Il simbolismo legato alla doppia natura del mitico animale è quello di essere un ponte fra cielo e terra, un tramite, uno strumento per avvicinarsi ai cieli.
Il ruolo di tramite del grifone è evidente dall’essere nei miti greci la cavalcatura di vari dei come Apollo, lo stesso Zeus, padre degli dei, Nemesi la Dea della vendetta e Oceano, ma esistono anche raffigurazioni in cui è cavalcato da Dioniso o da Eros. È scontato che il padre degli dei non poteva cha cavalcare l’animale che racchiude il massimo del cielo e della terra. Dal IV A.C. il grifone accompagna Dioniso nelle vesti di divinità sotterranea. A Pompei ritroviamo l’animale in una tomba su un medaglione a rilievo in stucco cavalcato da Eros. In queste immagini è palese il ruolo di animale psicopompo, confermando il suo ruolo di tramite tra mondi diversi. Come tutti i simboli c’è un aspetto ‘positivo’ e uno ‘negativo’. Da un lato il grifone traina il carro solare dall’altro accompagna i defunti nel viaggio nell’oltretomba.
Notiamo che l’animale fantastico è partecipe di due dei quattro elementi, la terra e l’aria costituendo anche da questo punto di vista un perfetto ponte fra due mondi.
Altro elemento caratterizzante il grifone è la coda formata da un serpente, animale sicuramente legato alla terra, ma in grado di infilarsi nei buchi, quindi in qualche modo partecipe della natura sotterranea e in tal modo ideale completamento con il leone e l’aquila dei tre mondi, dando così al grifone una completezza. Ma non solo questo, il serpente oltre alle note valenze negative, che nel grifone non compaiono, è un altro simbolo iniziatico per la sua caratteristica di cambiare pelle, quindi di lasciare la sua vecchia natura e di acquisirne una nuova.