Tesori liturgici e oggetti sacri dell’atelier Percossi Papi
ROMA
Complesso Monumentale di Santo Spirito in Sassia.
24 ottobre 2025, ore 17:30 – 21:00
25 – 26 ottobre 2025, ore 10:00 – 21:00
Nella cornice della Roma Jewelry Week, l’atelier Percossi Papi quest’anno presenta la mostra “In splendore sacri” – Tesori liturgici e oggetti sacri dell’atelier Percossi Papi
Una selezione esclusiva di arredi liturgici e oggetti sacri realizzati dall’Atelier nel corso degli anni, su richiesta di don Nicolas Hedreul, un uomo straordinario, cappellano militare e visionario custode della bellezza del rito.
Dal 1998, infatti, l’atelier ha dato vita a preziosi arredi per la cappella da campo personale del cappellano del 1° Comando delle Forze di Difesa, (reparto d’élite dell’Esercito Italiano che riuniva brigate storiche come “Folgore”, “Ariete”, “Friuli” e “Pozzuolo del Friuli”.)
Il significato di questi arredi non era essere semplici strumenti, ma segni visibili della suprema dignità dei Sacramenti, pensati per rendere presente, anche nei luoghi più crudi e ordinari della vita militare, la Maestà Divina e l’amore senza limiti di Cristo.
L’arte orafa come custode di simboli che attraversano tempo e spazio, unendo devozione, memoria e bellezza.
Queste opere rispondono a due esigenze fondamentali: la preziosità, per rendere visibile la dignità dei Sacramenti, celebrare la maestà del rito, e servire ogni militare come si serve un sovrano, e la funzionalità, necessaria per trasformare spazi temporanei ed ordinari in autentici luoghi di culto e per consentirne il trasporto e l’allestimento in spazi diversi, in Italia e nei Teatri Operativi esteri.
Ogni oggetto racconta la storia di un servizio al sacro che ha accompagnato soldati e comunità, rendendo tangibile l’invisibile e custodendo memoria, fede e dedizione.
Così, la cappella da campo poté seguire i nostri soldati anche nei Teatri Operativi internazionali – dall’Iraq all’Afghanistan – divenendo luogo di conforto, memoria e speranza per donne e uomini che nella preghiera ricordano i caduti, le famiglie lontane e i compagni in missione.
Oggi quegli stessi oggetti custoditi nella Chiesa di Santa Giuliana a Perugia, continuano ad essere utilizzati nelle funzioni liturgiche e continuano a vivere come simbolo della Chiesa stessa: una comunità in cammino, fatta di uomini e donne che cercano nella fede e nella preghiera la loro vera Patria.
La mostra ripercorre questa storia straordinaria, intreccio di arte, fede e dedizione, attraverso opere che testimoniano come la bellezza possa rendere tangibile l’invisibile, e come la gioia (Gaudium) diventi dono universale: un gioiello spirituale che appartiene a tutti.
IN SPLENDORE SACRI
Tra i tesori esposti in In Splendore Sacri vi è un tabernacolo di grande valore spirituale, realizzato dall’atelier Percossi Papi per custodire una reliquia unica: un’ostia rimasta intatta durante un incendio a Kabul, quando tutto attorno era andato distrutto. Un segno che richiama la presenza viva di Cristo vincitore sulla morte e sul tempo, rimasta vicina a coloro che, anche in un contesto di guerra, cercavano consolazione e speranza.
Il tabernacolo è, da sempre, il cuore pulsante della Chiesa. In esso viene custodita la pisside contenente le ostie consacrate, segno tangibile della presenza di Dio tra gli uomini. Il termine stesso deriva dal latino tabernaculum, “dimora”: la casa di Dio che abita accanto all’uomo e nella sua quotidianità.
Sin dalle origini cristiane, il tabernacolo è stato pensato come centro della comunità, collocato in posizione visibile sull’altare maggiore per ricordare costantemente ai fedeli la vicinanza di Cristo. Anche quando, in tempi più recenti, la sua collocazione si è spostata in cappelle laterali o spazi più raccolti, esso ha mantenuto intatta la sua funzione simbolica: luogo di silenzio, contemplazione e preghiera personale, dove l’uomo può incontrare il Mistero in intimità profonda.
Il tabernacolo realizzato per questa reliquia non è dunque solo un prezioso arredo liturgico, ma un’opera che racchiude una storia di dolore e di speranza, di guerra e di fede, trasformata in segno eterno di luce e di vittoria.
IN SPLENDORE SACRI
La colomba, emblema universale di pace e di Spirito Santo, custodisce al suo interno tre preziosi contenitori destinati agli oli santi. Questi ultimi, modellati come architetture luminose, evocano la Gerusalemme celeste, città eterna che attende i fedeli come compimento della promessa divina.
La colomba è tra i simboli più antichi e universali della spiritualità. Presente nei miti antichi come emblema di purezza e amore, diviene nella Bibbia segno prediletto della vicinanza di Dio: dall’episodio di Noè, quando porta il ramo d’ulivo come annuncio di pace e di salvezza, fino al Vangelo, dove lo Spirito Santo discende in forma di colomba sul Cristo battezzato. In essa si uniscono innocenza, fedeltà e speranza.
Custoditi al suo interno, i tre contenitori degli oli santi assumono la forma della Gerusalemme celeste, descritta nell’Apocalisse come città di luce, perfetta e incorruttibile. È il simbolo della vita eterna, della comunione piena con Dio e della pace definitiva oltre la storia.
Quest’opera mette in dialogo due immagini fortissime: la colomba, che invita a rinunciare alla guerra e a scegliere la pace, e la Gerusalemme celeste, che rappresenta la meta ultima di ogni fedele. Insieme, diventano un messaggio universale di rinascita e riconciliazione, in grado di parlare al cuore dell’uomo di ogni tempo.
IN SPLENDORE SACRI
Quest’opera, realizzata dall’atelier Percossi Papi, è una corona liturgica che racchiude anch’essa un forte valore simbolico e spirituale: essa richiama la figura di tre centurioni citati nel Nuovo Testamento, associandoli alle tre virtù teologali – Fede, Speranza e Carità – che rappresentano le fondamenta della vita cristiana e colonne spirituali della Chiesa militare.
Il primo è il centurione di Cafarnao, che con umiltà e fiducia si rivolge a Gesù chiedendo la guarigione del suo servo: «Signore, non sono degno che tu entri sotto il mio tetto, ma di’ soltanto una parola e il mio servo sarà guarito» (Mt 8,8). La sua fede diventa esempio luminoso per tutti i credenti.
Il secondo è il centurione di Gerusalemme, presente ai piedi della Croce, che riconosce nel Cristo crocifisso il Figlio di Dio: un atto di speranza e di verità nato nel momento più oscuro della storia, la morte del Redentore.
Il terzo è il centurione Cornelio di Cesarea, il primo pagano a ricevere il battesimo da Pietro, aprendo le porte del cristianesimo a tutti i popoli. La sua carità e apertura universale rivelano l’universalità della salvezza.
La corona, utilizzata nella benedizione dei militari prima delle missioni o in occasione dei sacramenti, diventa così segno di incoronazione spirituale: un richiamo a vivere le virtù teologali con perseveranza, affinché chi le esercita sia chiamato a regnare con Cristo.
In essa si uniscono la dimensione militare e quella spirituale, la forza e l’umiltà, la disciplina e la misericordia. È un simbolo che parla al cuore della Chiesa militare, ma anche a chiunque cerchi nel Vangelo la vittoria della fede sull’oscurità della guerra.
IN SPLENDORE SACRI
Quest’ampolla custodisce la Manna di San Nicola, un liquido misterioso che trasuda dalle ossa del santo custodite nella Basilica di Bari e che, dalle analisi chimiche, risulta essere acqua purissima. Ogni anno, il 9 maggio, il priore ne raccoglie alcune gocce, le diluisce e le distribuisce ai fedeli come segno di benedizione.
L’ampolla esposta è realizzata a Murano, secondo la tecnica arcaizzante, un manufatto che intreccia devozione e arte vetraria veneziana.
Nella tradizione, queste ampolle appartengono alla serie dei celebri “Vetri di San Nicola”, oggetti devozionali e preziosi contenitori della Manna, prodotti tra il Settecento e l’Ottocento nelle botteghe muranesi, poi spesso decorati a Bari con l’effigie del santo e le scene dei suoi miracoli.
La figura di San Nicola, vescovo di Myra (III-IV secolo), è tra le più amate e venerate al mondo: difensore della fede e protettore dei poveri, dei marinai e dei bambini. Da lui trae origine la leggenda di Babbo Natale (Santa Claus), che trasforma la sua carità nascosta in una festa universale del dono.
Questa ampolla, dunque, non è solo un contenitore, ma un segno di continuità: dalla manna miracolosa al mito natalizio, dall’arte sacra muranese alla devozione popolare, un ponte tra fede, tradizione e meraviglia.
San Nicola di Myra (270–337 d.C.), vescovo dell’antica città in Licia (oggi Turchia), è una delle figure più amate e universali della cristianità.
IN SPLENDORE SACRI
Questo prezioso Evangelario si distingue per la grande croce centrale in stile bizantino, circondata dai simboli dei quattro evangelisti, il tetramorfo, che da secoli accompagna la teologia e l’arte cristiana.
Matteo – l’uomo alato o angelo: rappresenta l’incarnazione e la natura umana di Cristo, poiché il suo Vangelo si apre con la genealogia del Salvatore.
Marco – il leone: richiama la forza e la regalità di Cristo, connessa al tema della risurrezione e all’annuncio potente del Vangelo.
Luca – il bue: simbolo di sacrificio e redenzione, legato al sacerdozio di Cristo e al racconto della sua Passione.
Giovanni – l’aquila: immagine della visione profetica e dell’elevazione spirituale, capace di innalzarsi fino ai misteri più alti della divinità.
L’Evangelario è uno dei libri più solenni della liturgia cristiana: durante la Messa viene portato in processione, incensato, venerato e proclamato con riverenza, perché racchiude la Parola viva di Cristo.
Fin dalle origini, i simboli degli evangelisti hanno avuto anche un ruolo catechetico e pedagogico: attraverso le immagini, le comunità cristiane trasmettevano i contenuti della fede anche agli analfabeti. Le raffigurazioni del tetramorfo, ispirate alle visioni di Ezechiele e dell’Apocalisse, divennero così una vera e propria “Bibbia dei poveri”, un linguaggio universale che univa teologia e arte, culto e conoscenza.
Con questo Evangelario decorato, fede, arte e parola si fondono in un unico oggetto liturgico: un libro che non solo si legge, ma si contempla, perché in esso la croce e i simboli dei quattro evangelisti richiamano la centralità del Vangelo nella vita della Chiesa.
Oggetto di un attento restauro terminato nel luglio 2022, le Corsie Sistine furono realizzate su incarico di papa Sisto IV della Rovere nella seconda metà del Quindicesimo secolo.
Un ciclo di affreschi di scuola umbro-laziale, che si sviluppa una superficie di oltre 1200 mq e la cui estensione è seconda solo a quella della Cappella Sistina, ne orna il perimetro superiore.
Le Corsie sono collegate da un tiburio ottagonale sotto il quale potete ammirare l’unica opera romana di Andrea Palladio, un raffinato ciborio sormontato da due putti attribuiti ad Andrea Bregno, autore anche dei due maestosi portali d’ingresso.
Le origini del Complesso risalgono al 727 d.C., quando il re dei Sassoni Ina istituì la “Schola Saxonum” per dare ospitalità ai pellegrini diretti alla Tomba dell’Apostolo Pietro.
Fu eretto sull’area anticamente occupata dagli “Horti” di Agrippina Maior (14 a.C. – 33 d.C.), costruzioni imperiali, ampi e sontuosi giardini che dal Gianicolo si estendevano lungo la riva destra del Tevere. In alcuni ambienti sottostanti l’antico Ospedale sono ancora visibili resti di pareti di opus reticulatum, pavimenti a mosaico, sculture e affreschi.
GAUDIUM – Il gioiello del Giubileo
Roma Jewelry Week si svolgerà dal 16 al 26 di ottobre con anteprima dal 19 al 21 settembre
“Immagina di essere immerso in un istante di pura gioia: un contatto diretto con il cuore dell’universo. Non è solo emozione, ma una connessione che trascende corpo e mente, dissolve ogni peso e conduce al ritmo profondo dell’eterno. È questo il senso di Gaudium, il gioiello del Giubileo: la gioia che nasce dall’incontro con il sacro e si manifesta attraverso forme che custodiscono memoria, identità e trascendenza.”